Solitudine, tempo, relazioni. Parole che oggi risuonano con un impatto fortissimo, viste le limitazioni imposte dal lockdown. E, con esse, l’esperienza di sentirsi improvvisamente separati dagli altri, un senso di estraneità e di non condivisione che in un certo modo ha riguardato ognuno di noi. Tuttavia la solitudine è sì una grande sofferenza, ma allo stesso tempo una risorsa, un’opportunità da cogliere, ritirarsi per rigenerarsi, alla scoperta o alla riscoperta di sé stessi, per ripartire. Zygmunt Bauman affermava che quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all'opportunità di provare la solitudine, “quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione”. Quello che oggi ci viene offerto, pur in maniera forzata, è l’opportunità di rallentare, riconsiderare, ricalibrare e migliorare la nostra vita. La solitudine oggi può essere un mezzo per essere liberi, non solo da un virus, ma anche dalle abitudini che avevano caratterizzato, nel tempo, il nostro quotidiano.
È necessario, dunque, un rebranding della solitudine, che possa sollevarla dalla sua accezione negativa e trasformarla in un tempo da utilizzare quale fonte creativa, per esplorare con sé stessi attività nuove. Una rinnovata cultura “in solitaria”, propria già di molti, che le aziende oggi hanno necessità di comprendere, per farne un nuovo obiettivo, puntando e fornendo servizi ed esperienze creative che rispettino e abbraccino pienamente il desiderio/necessità di stare da soli. Negli ultimi anni, WGSN -società di ricerca ed elaborazione trend per consumi e design conosciuta in tutto il mondo- ha evidenziato l'aumento dei viaggiatori solitari, accelerato nel 2020 anche dalle crescenti preoccupazioni per la sicurezza e l'igiene.
Ci vorrà tempo, dicono gli esperti, per riacquistare fiducia, e il desiderio di fuga verrà inevitabilmente coniugato con la ricerca di angoli tranquilli in cui è più semplice evitare folle e assembramenti, e tenere le distanze. Si punterà sempre di più su luoghi meno noti, mete di nicchia, destinazioni minori da scoprire, comunque affascinanti, ricche di storia, natura e cultura, piccoli borghi fuori dai grandi circuiti, per minimizzare i contatti, ma anche per scoprire meglio sé stessi. Il settore dell'ospitalità oggi più che mai ha la necessità di concentrarsi per creare esperienze sensoriali e riflessive che possano aiutare le persone ad abbracciare la solitudine, e offrire ai clienti la villeggiatura “di una volta”. Magari con servizio di ristorazione in camera o in terrazza, per assicurare il più possibile angoli di privacy anziché spazi collettivi.
Molte città, a tal proposito, stanno lavorando per proporre sempre più ristoranti e locali, ove possibile, in luoghi aperti. Le città post-pandemiche avranno bisogno di essere progettate in spazi aperti multiuso, che possano consentire ai titolari di attività ricettive di continuare ad operare in modo sicuro. Con luoghi sotterranei, come possono essere i parcheggi, ripensati per diventare aree aggiuntive che permettano alle persone di riunirsi in sicurezza. Una nuova “solitudine” che rispecchierà, nella vita in generale, una maggiore consapevolezza, lontana dall’abitudine e dagli stereotipi. Un’occasione di arricchimento e trasformazione. Più etica e solidale, all’insegna della qualità e dello spirito.
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