I nuovi hotel di lusso delle più famose mete sciistiche sorprendono per un nuovo approccio progettuale: all’estetica vernacolare, sostituiscono un interior design contemporaneo, che reinterpreta la tradizione con inedite contaminazioni.
Chi ha detto che arrivando in montagna una persona abbia il desiderio di trovare boiserie in legno invecchiato, plaid in lana bouclè, poltrone in pelle e decori sparsi con renne o abeti stilizzati? L’immaginario alpino si è troppo a lungo cristallizzato su figure archetipiche che spesso hanno uniformato l’offerta ricettiva, a partire da una medesima cifra stilistica. La maggior parte dei complessi alberghieri nati negli ultimi dieci anni ha un’estetica ‘vernacolare’ e traduce l’autenticità del posto in soluzioni di design ai limiti dello scontato. Rivestimenti in pietra e rovere o cirmolo, mescolato ai toni del grigio, del beige, del bordeaux: ecco alcuni degli elementi prevedibili che hanno determinato e determinano ancora l’accoglienza nelle varie località sciistiche più celebri d’Europa.
Tra la folla di strutture di lusso dell’arco alpino, si stanno facendo tuttavia strada complessi ricettivi che, con audacia, cambiano completamente la prospettiva, per dettare una nuova regola: design contemporaneo, reinterpretazione dell’immagine tradizionale, scelta di elementi urbani laddove il contesto non può più essere classificato semplicemente come ‘rurale’.
Ne sono un esempio i più recenti hotel e resort di lusso aperti in Francia, Svizzera, Austria e Italia, che presentano all’ospite una nuova prospettiva. Il tema della montagna è così associato a rimandi metropolitani, il legno a toni pastello, mentre gli ambienti, più luminosi, introducono nuovi pattern e tessuti geometrici, oggetti e complementi di design, a cui prima venivano preferiti arredi lavorati da artigiani locali.
L’hotel acquista così un mood traversale e mescola con sapienza il tema del rapporto con il contesto alle aspettative di un’utenza sempre più internazionale. È il caso di Le Coucou Meribel, boutique hotel cinque stelle progettato dal celebre designer francese Pierre Yovanovitch, o degli svizzeri Hide Hotel Flims e Huus Gstaad, entrambi progettati dallo studio Stylt Trampoli AB, che fanno rivivere l’atmosfera di eleganti club di tendenza. O ancora, dell’Experimental Chalet Verbier e della sua memorabile declinazione compositiva di un grand'hotel di inizi Novecento.
Insomma, il turismo ha bisogno di altre forme, di nuovi stimoli, di ricerca. Ha bisogno di esplorare nuovi orizzonti, di osare contaminazioni di stile dopo aver cercato di promuovere, per anni, un’identità strettamente territoriale.
Articolo di Beatrice Vegetti, di Guest magazine
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