Brand e utopie: ricostruire il proprio business grazie all’immaginazione

Montag, 26. April 2021

Non dare nulla per scontato. Sfidare l’immaginazione e guardare oltre. Invece di pensare a quello che già si può fare oggi, immaginare cosa vorremmo essere domani esercitandoci a pensare a ciò che ora ci sembra impossibile. Essere ambiziosi e disegnare la propria utopia imprenditoriale.

E’ con questo approccio che il significato di utopia acquisisce un valore nuovo e diventa un’opportunità per le aziende che mirano a reiventare il proprio business seguendo strade innovative e inesplorate.

 

Parole d’ordine, creatività e pensiero progettuale

Cos’è l’utopia? Il senso del termine com’è conosciuto oggi venne introdotto da Thomas More nel XVI secolo: l’utopia è il progetto di una società ideale e definisce un approccio che sfida i limiti, le ipotesi e le convinzioni presenti per immaginare un mondo migliore.

Un approccio che, se abbracciato come leva strategica aziendale, soprattutto in un momento di estrema volatilità e complessità, può rappresentare un metodo efficace per superare l'incertezza e costruire nel presente progetti di successo per il futuro che vorremmo raggiungere.

Prototipazione e progettazione di nuove possibilità, come potenziali nuovi prodotti o nuovi ecosistemi operativi, consentono alle aziende di accelerare l'innovazione e la crescita spianando la strada a possibili e inusuali soluzioni di business. Il pensiero speculativo, la fantascienza e lo storytelling entrano quindi in gioco come esercizio di creatività e pensiero progettuale, consentendo ai brand di plasmare il mondo del futuro intorno alle esigenze e alle emozioni dei consumatori, rispondendo così alle sfide aziendali emergenti.

 

Sostenibilità al centro di utopie emergenti

L’attitudine a disegnare immaginari utopistici è consolidata nell’ambito dell’architettura: un filone emergente si rintraccia nella progettazione di città ideali che pongono al centro il tema della sostenibilità, a favore di un futuro più inclusivo e egualitario.

Emblematico è il cortometraggio Planet City, dell’architetto e regista Liam Young, che immagina un futuro in cui la popolazione del mondo vive in una metropoli autosufficiente occupando solo il 0,2% della superficie del pianeta. La Terra rimanente è lasciata intatta, a favore del contrasto alla crisi climatica.

Per costruire questa utopia, Young ha collaborato con una rete di scrittori, scienziati e teorici, fondando la storia su fatti reali e favorendo in questo modo la connessione e l’immedesimazione da parte del proprio pubblico.

Altro esempio significativo è Masterplanet, ambizioso progetto dell’architetto Bjarke Ingels incentrato sulla progettazione di un piano d’azione in risposta alle principali sfide globali.

 

Come immaginare l’impossibile?

In maniera analoga le aziende possono progettare la propria versione utopistica considerando l’immaginazione una fonte di ispirazione. Come?

Ponendosi domande inaspettate, che spesso portano a risposte inaspettate. Allenarsi quindi a considerare ipotesi, anche lontane ma attuabili, può aiutare a creare nuovi modi di operare e di pensare.

Ridefinendo il proprio pubblico. Considerare i propri clienti da una diversa prospettiva può consentire di valorizzarne aspetti nuovi e di creare con essi interazioni più profonde e significative. Per esempio, definendo i clienti “cittadini” anziché semplici “consumatori” per modificarne la percezione e considerarli in primo luogo persone informate e responsabili.

Disegnando un’utopia partendo da dati reali, collaborando con i creativi e narratori in grado di dare forma al proprio disegno imprenditoriale utopistico attraverso video e illustrazioni.

Pensare sempre a lungo termine, andando oltre i limiti e elaborando strategie nel presente capaci di cavalcare l’onda innovativa e sondare nuove frontiere che potrebbero avere sviluppi realistici nel futuro.