Piuttosto comuni su menu di bar e ristoranti e su etichette e packaging dei prodotti nei supermercati le indicazioni “ricco di …” e “senza …”.
Quanto incidono queste indicazioni sulle scelte dei consumatori?
L’Osservatorio Immagino 2019 a cura di Nielsen rivela che il fenomeno del “free from” - che ha registrato un boom nel 2017 con una crescita annua del sell-out del +2,3% - resta invariato per il 2018, con una quota di mercato significativa: gli 11.900 prodotti di quest’area rappresentano il 27% del giro d’affari totale del food.
Interessante l’analisi dei principali claim di quest’area: trend in crescita per i prodotti che comunicano di essere privi o a ridotto contenuto di zuccheri e additivi. In contrapposizione sono in calo le indicazioni “senza conservanti”, “senza coloranti” e “senza grassi idrogenati”, considerate “mature” e poco appealing rispetto alle nuove preferenze dei consumatori. Tale scelta vale anche per indicazioni come: “pochi grassi” (-1,5% di sell-out), “senza grassi idrogenati” (-7,9%) e “senza coloranti” (-5,8%).
Altro fenomeno in attenuazione è quello del “senza olio di palma”: sebbene il 2018 si sia chiuso con un trend positivo delle vendite (+3,8% rispetto al 2017), sembra che la spinta evidenziata nei 12 mesi precedenti si stia esaurendo.
Segnali positivi arrivano dai claim che riguardano il taglio degli zuccheri, trainati sia dalla crescita della domanda sia dall’aumento dell’offerta. Continua l’espansione dei claim “pochi zuccheri” (+5,1% la crescita delle vendite tra 2017 e 2018) e “senza zuccheri aggiunti” (+5,4%). Anche il claim “poche calorie” ha fatto registrare una crescita dell’offerta. Altra tendenza di consumo in crescita nel mondo del free from è il “senza additivi”, il cui giro d’affari è cresciuto del +3,6% rispetto al 2017. Da segnalare anche il “senza glutammato”, le cui vendite sono avanzate del +4,8% rispetto al 2017.
New entry con dati ancora poco rilevanti ma da tenere d’occhio è “senza antibiotici”.
Per il mondo del food italiano, anche il fenomeno del “rich-in” risulta d’impatto nelle scelte dei consumatori e di conseguenza nell’offerta di prodotti e piatti per il settore Ho.Re.Ca..
Quali sono i claim protagonisti del “rich-in”?
Nel corso del 2018, la tendenza a comunicare la significativa presenza o l’aggiunta di componenti benefiche (come vitamine, calcio, fibre, Omega3 o ferro) sembra aver perso smalto (la domanda è calata del -2,4% e le vendite sono cresciute solo del +1,6% contro il +8,0% del 2017). L’analisi dei claim più utilizzati rivela però uno scenario particolarmente vivace per il mercato del food che vede protagonista le fibre: nel 2018 sommando i due claim “fibre” e “integrale” si arriva a 4.351 dei 5.964 prodotti che l’Osservatorio Immagino ha individuato in quest’area. Le aziende di produzione e i ristoratori hanno puntato molto sull’integrale: l’offerta è aumentata del +10,7% rispetto al 2017. Passando agli altri claim del rich-in, nel 2018 si è registrata un’inversione di tendenza per i prodotti presentati come fonte di “vitamine” e “calcio”: dopo un 2017 positivo grazie all’aumento dell’offerta (e per il calcio anche della domanda), l’anno scorso questi due claim hanno perso il -2,5% ciascuno di sell-out. Stabili i consumi per le indicazioni “ferro” e “Omega3”.
New entry per “rich-in”: probiotico” e “polifenoli”.
L’osservazione di questi fenomeni che riguardano sia le abitudini alimentari dei consumatori che la comunicazione dei professionisti dell’ospitalità e della ristorazione, comprende anche il tema delle intolleranze alimentari.
Nello specifico, “senza glutine (crossed grain)” e “senza lattosio” riguardano oltre 8.500 referenze, che nel 2018 hanno superato i 3,4 miliardi di euro di giro d’affari. Rispetto all’anno precedente, nel corso del 2018 questo paniere di prodotti ha visto aumentare il sell-out del +1,7%. Il ruolo da protagonista spetta al claim senza glutine, che nel 2018 ha rappresentato l’11,9% dell’assortimento e l’11,6% del giro d’affari del basket analizzato da Nielsen. A trainare le vendite sono state soprattutto alcune categorie merceologiche: affettati, preparati per brodo in gelatina, prodotti avicunicoli lavorati, panificati senza glutine e piatti pronti surgelati.
Last but not least …
Rientrano in questa selezione anche i consumi idonei a sostenere un determinato stile di vita come “vegetariano”, “vegano”, “halal”, “kosher”, “biologico”. Il più significativo è “bio”, con il 3,6% del giro d’affari complessivo. Uova, cereali per la prima colazione e confetture sono stati i prodotti che hanno dato il maggior contributo. Andamento positivo anche per i prodotti accompagnati dal claim “veg”, che hanno chiuso il 2018 con il 5,8% di vendite in più rispetto al 2017, conquistando una quota del 4,0% sul totale food. A completare il quadro del lifestyle ci sono i due claim riferiti ai prodotti conformi ai dettami della religione ebraica e di quella musulmana. I più presenti risultano i “kosher” con un’offerta che è aumentata in un anno del +7,9%. Segmento interessante, ma ancora poco rappresentativo, quello “halal” che ha ottenuto una crescita rilevante (+29,0% sul 2017).
New entry tra le etichette di questo comparto è “agricoltura sostenibile”, chiaro segnale di dinamicità e di crescente attenzione dei consumatori alle tematiche green.
Hai già letto l’approfondimento della nostra rubrica #Htrends dedicato a “Nuovi trend alimentari: la sostenibilità nelle scelte dei giovani consumatori”? Lo trovi a questo link.
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