Misurare le emozioni dei consumatori? Sì può con il neuromarketing

Martedì 14 luglio 2020

“Il vero problema di chi fa le ricerche di mercato è che le persone non pensano a quello che sentono, non dicono quello che pensano e non fanno quello che dicono”.

In questa citazione del 1963 di David Ogilvy sono racchiusi tre assiomi:

  • le attività celebrali sono automatizzate e prevalentemente inconsapevoli (per il 95%);
  • la maggior parte dei consumatori non dice la verità in merito alle scelte di acquisto;
  • il dichiarato non coincide con il vissuto.

Le scelte dei consumatori sono quindi fortemente condizionate dalle emozioni che oggi, grazie alle neuroscienze, possono essere monitorate per integrare le ricerche di marketing.

Alla base c’è la percezione, da non confondere con le sensazioni che sono tutto ciò che attira i nostri sensi. La percezione è una ricostruzione che facciamo sulla base di diversi elementi, come le aspettative o le esperienze vissute. La percezione può infatti essere molto diversa da quello che i sensi percepiscono.


Qualche esempio nel settore del food & beverage  

Dall’intervista a Vincenzo Russo, Professore di Neuromarketing Iulm, a cura di MF Milano Finanza nell’ambito del Milano Marketing Festival 2020.

“Cambiare quello che le persone vedono, cambia radicalmente quello che sentono, cambiare quello che sentono, cambia profondamente quello che provano affettivamente ma cambiare le emozioni, cambia anche la percezione dei sapori e del gusto” Charles Spence

I sensi non vanno considerati singolarmente poiché si influenzano l’uno con l’altro, anche se alcuni sono dominanti, come la vista. Il 50% del nostro cervello è deputato alla visione e solo l’1% al gusto e all’olfatto. La scelta dei colori e delle forme, infatti, incide notevolmente sulla percezione.

Se coloro un succo di frutta con l’enocianina, facendolo diventare rosso intenso, i consumatori mi dicono che è più profumato e un po’ più dolce (fino al 10%), rispetto allo stesso succo di frutta assaggiato prima di averlo colorato.

Se faccio assaggiare un liquido ad un gruppo di persone dicendo che è molto amaro e chiedendo quanto sia amaro in una scala da 1 a 10, la risposta dichiarata è che il liquido è effettivamente amaro. Se faccio questo esperimento, monitorando il focus group con risonanza magnetica al cervello, scopro che la parte anteriore dell’insula (regione cerebrale legata al disgusto) si attiva moltissimo. Se faccio assaggiare lo stesso liquido dicendo che è meno amaro, l’insula si attiva molto meno. Il lobo insulare è connesso al nostro sistema gustativo che viene quindi influenzato nella percezione.

Una mousse al cioccolato servita su un piatto bianco viene percepita molto più dolce.

Una etichetta della birra di colore verde e giallo su una birra al limone fa percepire in modo più accentuato il gusto del limone rispetto a una etichetta tendente al rosso o al marrone. Le percezioni non sono chiaramente assolute ma cambiano a seconda dell’età, del genere, della cultura e dell’etnia. Per esempio: il colore rosso in Egitto rappresenta la morte, in Francia è associato all’aristocrazia, in Giappone alla rabbia; il colore blu in Cina ha a che fare con la natura, in Giappone con la malvagità.

Questi meccanismi possono determinare il successo di alcuni prodotti grazie a comunicazioni e strategie di marketing mirate a farlo percepire migliore dai consumatori. Non si tratta di manipolare le scelte ma di valorizzare le qualità di prodotti già eccellenti.

Nell’attuate scenario di mercato, il neuromarketing gioca un ruolo ancora più determinante perché tocca l’emotività dei consumatori che hanno bisogno di essere rassicurati su determinati aspetti come la sicurezza e la salubrità.


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